Parlare di
un Capolavoro è sempre un compito arduo e difficile. Non si sa mai da dove
iniziare, cosa dire e soprattutto si ha sempre il costante timore di
dimenticarsi qualcosa. Già il fatto di introdurre questa pellicola come un “semplice”
Capolavoro è, fondamentalmente, sbagliato perché in realtà stiamo parlando di
un’esperienza… incredibilmente unica e semplicemente meravigliosa.
Nel 2011,
dopo un’attesa di quasi due anni (la sua uscita era inizialmente prevista nel
2009) Terrence Malick, ormai arrivato
alla sua quinta opera cinematografica, con una piena coscienza di sé e delle
proprie capacità registiche esce nelle sale con il suo “The Tree of Life”. La pellicola in questione è probabilmente, a
livello stilistico, il punto più alto della sua breve ma intensissima carriera
perché ogni singola sfaccettatura di Malick è visibilmente tangibile in ogni
singolo frame… o forse, sarebbe meglio dire “quadro”.
In tanti si
chiederanno di cosa parli questo film e le risposte possono essere molteplici e
tutte ugualmente valide e corrette: la storia di una famiglia che, purtroppo,
ha dovuto fare i conti con un gravissimo lutto; il conflittuale rapporto tra un
figlio ed un padre; il meraviglioso rapporto d’amore tra un figlio ed una
madre; la differenza tra “Natura” e “Grazia” e il complicato rapporto tra i
due stili d’esistenza; la storia della nascita dell’Universo; la storia di Dio,
del Creato e del suo modo di operare nella vita quotidiana dei suoi figli.
Tutto il
film è, realmente, un grandissimo, gigantesco, robustissimo, plurimillenario
Albero della Vita con molteplici rami e radici, proprio come le risposte a questo
meraviglioso quadro in movimento.
Malick attinge
al Capolavoro, senza tempo, Kubrickiano “2001:
Odissea nello Spazio” e si nota non solo da determinate inquadrature
scelte, ma anche dai meravigliosi viaggi nello spazio siderale, dove il regista
ci trasporta nella prima parte del film. Vedere la nascita dell’Universo, così
come lo conosciamo, con un incredibile flashback di miliardi di anni, il tutto
accompagnato da questa colonna sonora così evocativa, è, letteralmente, da
brividi.
E poi dal
macro-cosmo (l’Universo), Malick decide di fare un perfetto parallelismo con un
micro-cosmo (la Famiglia) raccontando, senza dare alcuna spiegazione ma facendo
parlare le immagini e le sue caratteristiche voci fuori campo, che anche una
cosa infinitamente piccola rispetto alla Creazione ha tanti di quegli ostacoli,
di quelle difficoltà, di quei misteri e di quelle gioie che, paradossalmente,
possono essere messi sullo stesso piano trasformando, in questo modo, un
“semplice” film in un’esperienza che ogni spettatore può fare, sia che esso sia
un non-credente sia che esso sia un credente.
Una
pellicola "assoluta", girata con una maestria tale da poter esser paragonata al
Capolavoro di “2001”: in entrambi i
casi, ogni singola inquadratura è poesia allo stato puro; entrambi inseriscono
una vicenda umana particolare all’interno dell’infinito affresco dell’evoluzione
dell'Universo; entrambi si giovano di una fotografia e un impatto visivo gigantesco
accompagnati da un commento musicale particolarmente accurato ed evocativo (“Lacrimosa” di Zbigniew Preisner è SUBLIME); entrambi si caratterizzano per la
prevalenza della suggestione visiva e sonora rispetto a dialoghi e trama.
Eppure c’è
una differenza sostanziale che definisce questa pellicola, l’altra faccia della
stessa medaglia di “2001: Odissea nello
Spazio”.
Mentre l'opera
di Kubrick appare concentrata sull'aspetto dell’evoluzione tecnologica, in una
prospettiva puramente nichilista, il film di Malick è prevalentemente
incentrato sulla dimensione delle emozioni lasciando nel cuore dello spettatore
molte più speranze e, soprattutto, lasciando aperta la porta della metafisica.
Altro tema
evidente e centrale del film è il complesso di Edipo, con il legame quasi
simbiotico tra Jack e la madre e il fortissimo contrasto con il padre, tanto da
spingerlo a pregarne la morte. Per Jack, le due figure genitoriali
rappresentano i due poli della Vita. Da un lato c’è quella secondo la “Natura” (il padre) e dall’altro quella secondo la “Grazia” (la madre). La prima
è una Vita dedita alla sopravvivenza e all’ambizione materiale, l’altra dedita
ai sentimenti e all’Amore disinteressato. Il padre vuole far capire ai figli
che le maniere forti sono le uniche soluzioni per andare avanti e per avere un
posto di rilievo in un mondo cattivo e senza scrupoli, mentre la madre cerca di
insegnare a vivere ogni momento della vita quotidiana cogliendo, il più
possibile, la bellezza di ogni singolo attimo.
Per tutta la
durata del film si cerca una riconciliazione tra le due concezioni di vedere l’Esistenza
e che avviene, solamente, nella seconda parte della pellicola: il padre, dopo
essersi scontrato con il macigno del lutto, ammette a Jack di aver sbagliato, nella sua vita, a disprezzare sempre la Bellezza, sedotto dalla ricerca della
soddisfazione puramente materiale, desiderando costantemente di essere amato
perché uomo importante, invece che vivere lo splendore che la Vita riserba.
E poi c’è il
finale… onirico, elegantissimo, sontuoso, contemplativo ed evocativo, come
tutto il cinema di Malick.
La completa armonizzazione
di tutto il Creato e di tutte le varie individualità che compongono il Creato
stesso. C’è la riconciliazione della “Natura”
del padre con la “Grazia” della
madre, c’è la riconciliazione interna di Jack con l’elaborazione del lutto del
fratello e c’è la riconciliazione tra Natura e Tecnologia, simboleggiate
proprio dalle tre immagini nella sequenza finale della pellicola: i girasoli
nel silenzio che citano Van Gogh, le
vetrate dei grattacieli di Houston che riflettono il cielo e un ponte che proietta
lo spettatore verso questo tramonto pieno di luce e speranza.
E prima dei
titoli di coda arriva un’ultima immagine: una “semplice” fiammella che però,
può essere interpretata in infiniti modi diversi, proprio com’è infinito
l’Universo che ci circonda. Meraviglioso, spettacolare, introspettivo, poetico,
sublime.
“The Tree of Life” verrà ricordato negli anni a venire
come qualcosa di difficilmente avvicinabile, cinematograficamente parlando e
non. Dirigere un film su Dio, sul Creato e su ogni singola individualità che abitano
questo meraviglioso Universo non è semplice, eppure Malick lo ha fatto nel
miglior modo possibile con il suo stile che si lega in maniera divina ad una
narrazione di tale portata.
“The Tree of Life” è un film MONUMENTALE e Terrence Malick è un regista VITALE.
Il film spartiacque di questa seconda decade degli Anni Zero, senza dubbio. Difficile valutarlo, ma ci sei riuscito.
RispondiEliminaTi ringrazio :)
EliminaHai detto esattamente quello che andava detto. Il mio film preferito di sempre, l'opera massima che il cinema potrebbe mai regalare. Insieme al 2001 kubrickiano The Tree of Life è il film a cui dare un voto significherebbe sminuirlo.
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