Se “Lo chiamavano Jeeg Robot” è stato il
mattatore incontrastato della serata dei 60° David di Donatello con i suoi 7
premi, non si può dire lo stesso per il film postumo di Claudio Caligari conquistando solamente un premio, e neanche troppo
di rilievo (Miglior fonico in presa diretta). Nonostante ciò, il film di cui
parlerò oggi è probabilmente il film più duro, devastante e nauseante di questa
meravigliosa rinascita della cinematografia nostrana.
Ladies and
Gentlemen, per la regia di Claudio
Caligari, “Non essere cattivo”.
Ostia, 1995.
Il film si apre con un gelato (citazione molto carina al primo film del regista
piemontese, “Amore tossico”) e due
amici d’infanzia: Cesare, interpretato dall’ormai più che consolidato ed
incredibile Luca Marinelli (sì, sono
diventato un suo fan sfegatato), e Vittorio, interpretato da un bravissimo Alessandro Borghi (“Suburra”). La realtà dove ci troviamo è quella di una borgata dove
delinquenza, crimine e droga è all’ordine del giorno. Questi due ragazzi,
insieme ad altri quattro sempre del litorale romano sono ragazzi che il caro
Caligari chiama “ragazzi di vita”, sopravvivono in questa realtà con piccole
truffe, piccoli crimini e piccoli spacci di cocaina ed altre droghe sintetiche,
che a quei tempi erano particolarmente in voga.
Non è un
film facilmente digeribile. Non è un film buonista. È un film duro, crudo e che
narra i fatti nella maniera più veritiera possibile.
In “Amore tossico”, Caligari ha un cast di
attori non professionisti ma ragazzi presi per la strada e realmente dipendenti
dall’eroina; con “L’odore della notte”,
con un cast, questa volta, di attori professionisti come Giorgio Tirabassi, viene raccontata una storia di criminalità di
una banda che ricorda la “Banda dell’arancia meccanica”; mentre qui, in “Non essere cattivo”, che conclude
questa trilogia ideale, il regista unisce le due tematiche dei precedenti film,
aggiungendo i drammi familiari rispettivi ai due protagonisti.
Vittorio,
che cerca in ogni modo di mettere la testa apposto, ha una compagna assennata,
ragazza-madre di un figlio adolescente, mentre Cesare, quello più sregolato ed
iracondo dei due, è un tossico che odia e schifa gli altri tossici, vive con la
madre e con la nipotina, purtroppo affetta da AIDS trasmessale dalla madre,
ormai defunta.
Questi due
protagonisti, borgatari, tossicodipendenti, alcolizzati, sono in realtà due
anime fragili e figli delle condizioni degradanti di queste borgate, legati
l’uno all’altro da un’indissolubile amicizia che li accompagna da quando erano
due ragazzini fino al finale del film, incredibilmente triste, commovente ma
con un piccolo barlume di speranza.
Film
semplice ma con una messa in scena incredibilmente efficace. La nausea che
trasmette il film in ogni singolo secondo, il disgusto in determinate scene, la
tristezza e la dolcezza di alcune inquadrature accompagnate da una fotografia
spettacolare e da una prova magistrale degli attori è palpabile. Non esagero
dicendo che alcune scene e alcune frasi sono dei pugni allo stomaco devastanti.
È un film
che non si può non apprezzare ma che in fondo non si può e non si potrà mai
amare, perché è un film che colpisce troppo l’anima, stringe troppo lo stomaco
in una morsa dolorosa e fa scendere sulle guance delle lacrime amare come poche
altre pellicole riescono a fare.
La rinascita
del cinema italiano passa, e deve passare, anche da questi film tosti e crudi
come questo qui che raccontano il lato oscuro del nostro paese.
Come ti ho scritto dalle mie parti, più che il lato oscuro del nostro paese racconta il lato oscuro di ogni esistenza. Per questo fa così male.
RispondiEliminaE la rinascita deve per forza passare da film così.
Certo è proprio il lato oscuro dell'esistenza, però il fatto che sia così vicino a noi, dato che è ambientato in Italia, rende il tutto ancora più "spaventoso".
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