mercoledì 4 maggio 2016

"Non essere cattivo" di Claudio Caligari


Se “Lo chiamavano Jeeg Robot” è stato il mattatore incontrastato della serata dei 60° David di Donatello con i suoi 7 premi, non si può dire lo stesso per il film postumo di Claudio Caligari conquistando solamente un premio, e neanche troppo di rilievo (Miglior fonico in presa diretta). Nonostante ciò, il film di cui parlerò oggi è probabilmente il film più duro, devastante e nauseante di questa meravigliosa rinascita della cinematografia nostrana.
Ladies and Gentlemen, per la regia di Claudio Caligari, “Non essere cattivo”.


Ostia, 1995. Il film si apre con un gelato (citazione molto carina al primo film del regista piemontese, “Amore tossico”) e due amici d’infanzia: Cesare, interpretato dall’ormai più che consolidato ed incredibile Luca Marinelli (sì, sono diventato un suo fan sfegatato), e Vittorio, interpretato da un bravissimo Alessandro Borghi (“Suburra”). La realtà dove ci troviamo è quella di una borgata dove delinquenza, crimine e droga è all’ordine del giorno. Questi due ragazzi, insieme ad altri quattro sempre del litorale romano sono ragazzi che il caro Caligari chiama “ragazzi di vita”, sopravvivono in questa realtà con piccole truffe, piccoli crimini e piccoli spacci di cocaina ed altre droghe sintetiche, che a quei tempi erano particolarmente in voga.
Non è un film facilmente digeribile. Non è un film buonista. È un film duro, crudo e che narra i fatti nella maniera più veritiera possibile.
In “Amore tossico”, Caligari ha un cast di attori non professionisti ma ragazzi presi per la strada e realmente dipendenti dall’eroina; con “L’odore della notte”, con un cast, questa volta, di attori professionisti come Giorgio Tirabassi, viene raccontata una storia di criminalità di una banda che ricorda la “Banda dell’arancia meccanica”; mentre qui, in “Non essere cattivo”, che conclude questa trilogia ideale, il regista unisce le due tematiche dei precedenti film, aggiungendo i drammi familiari rispettivi ai due protagonisti.
Vittorio, che cerca in ogni modo di mettere la testa apposto, ha una compagna assennata, ragazza-madre di un figlio adolescente, mentre Cesare, quello più sregolato ed iracondo dei due, è un tossico che odia e schifa gli altri tossici, vive con la madre e con la nipotina, purtroppo affetta da AIDS trasmessale dalla madre, ormai defunta.
Questi due protagonisti, borgatari, tossicodipendenti, alcolizzati, sono in realtà due anime fragili e figli delle condizioni degradanti di queste borgate, legati l’uno all’altro da un’indissolubile amicizia che li accompagna da quando erano due ragazzini fino al finale del film, incredibilmente triste, commovente ma con un piccolo barlume di speranza.
Film semplice ma con una messa in scena incredibilmente efficace. La nausea che trasmette il film in ogni singolo secondo, il disgusto in determinate scene, la tristezza e la dolcezza di alcune inquadrature accompagnate da una fotografia spettacolare e da una prova magistrale degli attori è palpabile. Non esagero dicendo che alcune scene e alcune frasi sono dei pugni allo stomaco devastanti.


È un film che non si può non apprezzare ma che in fondo non si può e non si potrà mai amare, perché è un film che colpisce troppo l’anima, stringe troppo lo stomaco in una morsa dolorosa e fa scendere sulle guance delle lacrime amare come poche altre pellicole riescono a fare.
La rinascita del cinema italiano passa, e deve passare, anche da questi film tosti e crudi come questo qui che raccontano il lato oscuro del nostro paese.

2 commenti:

  1. Come ti ho scritto dalle mie parti, più che il lato oscuro del nostro paese racconta il lato oscuro di ogni esistenza. Per questo fa così male.
    E la rinascita deve per forza passare da film così.

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    1. Certo è proprio il lato oscuro dell'esistenza, però il fatto che sia così vicino a noi, dato che è ambientato in Italia, rende il tutto ancora più "spaventoso".

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