Ormai lo
dico sempre. Mettete insieme un regista di talento, uno script interessante ed
una produzione solida e si ottiene il meglio da Hollywood. Le alternative
sarebbero o fare dei progetti troppo autoriali o fare delle commercialate o ai
limiti del trash o senza alcuna anima (Michael Bay coff coff).
Ovviamente
non è questo il caso.
Ladies and
Gentlemen, per la regia di Duncan Jones,
“Source Code”.
Si era già
visto in “Moon”, progetto
sicuramente più piccolo rispetto a questo, che i geni di David Bowie erano ben radicati nel corpo e soprattutto nella mente
di Duncan Jones. Con questo “Source Code”, Jones si dimostra essere non una
semplice meteora nel cielo Hollywoodiano, ma un regista con grande talento che
riesce a gestire bene anche una produzione più grande, riuscendo a fare
compromessi, tenendo la qualità su un certo standard.
Se “Moon”
era un sci-fi intimista, “Source
Code” è un thriller fantascientifico
con una bella dose di azione che riesce però a rimanere su quei livelli
narrativi senza scadere nel banale. E’ per certi versi un prolungamento naturale
di “Moon”. Pur avendo un budget più elevato a disposizione si respira lo stesso
messaggio: l’identità dell’individuo e l’importanza dell’individualità.
In realtà,
il thriller è solo uno scaltro trucco, e lo dimostra che basterebbero già i
primi cinque minuti per trovare ed individuare l’attentatore. Proprio come per Lindelof in “The Leftovers”, a Jones non interessa scoprire chi è quest’attentatore,
ma vuole andare più a fondo e parlare di altro.
L’ottima
sceneggiatura di Ben Ripley ha la sola pecca di essere troppo melodrammatica in
alcuni punti come nel finale, lasciandolo aperto ma rendendolo troppo romantico
senza avere però quella potenza emotiva che ha il finale di un “Interstellar” o di un “Her”.
A livello
narrativo ricorda tanto le vicende vissute da Bill Murray in “Ricomincio
da capo”, ma anche ad altri modelli recenti come “Le morti di Ian Stone” o al meraviglioso “Eternal Sunshine of the Spotless Mind” (“Se mi lasci ti cancello” ndr).
A differenza
del quasi coetaneo Richard Kelly (“Donnie Darko”, “The Box”), le riflessioni di Jones non si perdono per strada con
intellettualismi troppo esagerati e filosofismi vari, ma sono caratterizzati
dalla loro incredibile cinicità e da una forte potenza visiva.
“Source
Code”, opera seconda di Jones, dimostra ulteriormente le sue grandi doti di
regista regalando agli spettatori un’altra ottima pellicola sci-fi. Ora non
resta che aspettare la vera prova del nove: “Warcraft”.
d'accordo con te
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