E’ autunno inoltrato e sono passati diversi mesi dal finale
della tanto criticata seconda stagione di True Detective, franchise creato da
Nic Pizzolatto. Sono stati otto episodi ricchi di speranza, delusioni, alcune
cose molto buone, altre meno (molto meno). La precedente stagione di True
Detective era una serie oscura per i più che puntata dopo puntata ha fatto
breccia nei cuori del pubblico, divenendo in poco tempo un serie mainstream.
Questa seconda stagione invece ha avuto un andamento opposto, partendo con una
grande attenzione da parte del pubblico e stampa e con il passare delle
settimane è stata oggetto di critiche dalle più varie e disparate.
Premetto che io sono uno di quelli cui non ha fatto impazzire
questa stagione ma va dato atto che comunque ha molte cose davvero ben fatte.
Quello che cercherò di fare in quest’articolo è analizzare proprio questi punti
focali che hanno composto (in bene e in male) questa seconda stagione di True
Detective.
COSA HA
FUNZIONATO
MUSICHE E CANZONI
Tra le tante preoccupazioni dei più affezionati alla prima
serie c’era la paura di non ritrovare quel sound che hanno caratterizzato le
avventure di McConaughey e Harrelson, ma come abbiamo potuto ascoltare fin
dalla prima puntata è stato uno dei punti migliori, se non il migliore,
superando anche le magnifiche sonorità della prima stagione. Bellissima la
sigla iniziale con un Leonard Cohen magistrale con un ritmo così lento da noir
anni 70-80. La vera marcia in più, però, l’ha data una semisconosciuta ai più: Lera
Lynn. La giovanissima cantautrice americana che con le sue canzoni e la sua
presenza quasi spettrale (al bar) contribuisce in maniera fondamentale
all’atmosfera della serie. E la scena finale con la sua "Lately" è semplicemente sublime.
NUOVE AMBIENTAZIONI
Un’altra cosa che va dato atto a Pizzolatto è l’aver avuto
il coraggio e conseguentemente l’esser riuscito a cambiare e distinguere in
maniera radicale le ambientazioni di questa stagione da quella precedente. Ed è
una cosa che non sempre riesce a tutti, anzi.
FINALE
Semplicemente perfetto sia come conclusione, ma soprattutto
per com’è stato strutturato e gestito. Le menti dietro “Dexter” dovrebbero prendere esempio.
COSA HA
FUNZIONATO IN PARTE
I PERSONAGGI
Se con le ambientazioni il cambio è riuscito in maniera
perfetta, non si può dire ugualmente per i personaggi. Il problema personaggi è
un qualcosa di più complesso. In se, i personaggi sono anche abbastanza belli e
ben caratterizzati ed è difficile che ci scorderemo facilmente di personaggi
come Velcoro, Frank (il mio preferito avendo un debole ai limiti del feticismo
per Vince Vaughn), Bezzarides, (di Woodrough quasi sicuramente si, invece) ma
non hanno dato tutto quello che avrebbero potuto dare per colpa di dialoghi non
sempre all’altezza.
DIALOGHI
Dicevamo dei dialoghi, appunto. I dialoghi in questa seconda
serie hanno, a mio modo di vedere, un’importanza maggiore rispetto alla
precedente. Una serie TV che cerca di
avere un mood noir come questa deve avere dei dialoghi perfetti, sia nei
monologhi più interiori ed emotivi, sia nei botta e risposta più cazzoni. Ci sono stati momenti di
elevata fattura e frasi a effetto magnifiche come la pluricitata “We get the world we deserve.” ma ci
sono stati anche punti molto bassi. Per esempio, un personaggio come Frank (che
dovrebbe essere un personaggio che straborda di carisma) ti caccia una frase
magnifica come “Never do anything out of
hunger, not even eating.” a battute assolutamente ridicole come “it’s like blue balls… in your heart.”
CAMBIO DI REGIA
Uno dei punti di maggior forza nella prima stagione era la
scelta di affidare la regia di tutti gli episodi ad un unico regista: il
sorprendente(e chi se lo aspettava?) Cary Fukunaga. Fukunaga riesce a dare
un’impronta molto autoriale a tutta la serie (il fantastico piano-sequenza di “Who goes there?” è l’esempio lampante)
tenendo il ritmo sempre elevato e costante senza esagerare troppo con l’azione.
Purtroppo tra Pizzolatto e Fukunaga non scorre più buon sangue (ed infatti
l’autore si è anche vendicato a suo modo nei confronti del regista come abbiamo
visto in una delle puntate di questa seconda serie) e la collaborazione non è
più potuta proseguire. Da qui la scelta di Pizzolatto di affidare gli episodi a
più registi come si suole fare nella maggior parte delle serie TV. Tutto ciò,
cosa ha portato in questa stagione? A dei picchi elevati tecnicamente (come la
sparatoria di “Down Will Come” o agli
ultimi momenti di Velcoro e Frank nel finale di stagione) ma senza quella
costanza che eravamo abituati a vedere nella precedente stagione.
COSA
NON HA FUNZIONATO
L’INTRECCIO
Arriviamo alle note dolenti, e più precisamente alla più
dolente di tutte: l’intreccio inutilmente complicato. Non si può
avere un intreccio così complicato, per di più sbrogliato in una puntata e mezzo
in maniera semplice e superficiale, in una serie TV da 8 ore e mezzo complessive facendo, in questo modo, calare
l’attenzione da parte dello spettatore. In questo caso, Pizzolatto ha voluto
esagerare peccando, secondo me, di troppa autostima e troppa sicurezza nei suoi
mezzi.
IL GENERE
Sembra abbastanza ovvio che Pizzolatto, con questo intreccio
così complicato, voglia cercar di seguire la strada del noir, ma il problema
reale è che questa seconda stagione non è neppure un noir puro al 100%. Infatti,
ha voluto comunque aggiungere quelle caratteristiche del thriller che avevano
fatto la fortuna della prima serie aggiungendo in più un pizzico di poliziesco
iper-realistico alla “The Wire” e quella
“corruzione poliziesca” stile “The
Shield”. Insomma, un mix che però non è stato assemblato a dovere e in
alcuni punti sembra davvero che siano pezzi di puzzle diversi senza esser
amalgamati decentemente.
In conclusione, quest’accanimento esagerato e in alcuni casi
immotivato, secondo me, ha una radice comune: questa seconda serie ha la
“sfortuna” di chiamarsi “True Detective”.
Se non si fosse chiamata così, sono assolutamente convinto che molto
probabilmente molti critici e la maggior parte del pubblico non si sarebbe
indignata in maniera così aspra, ma molto probabilmente adesso stavamo parlando
di un’altra ottima e godibilissima serie TV. Se fossi in Pizzolatto prenderei
una pausa da tutto e da tutti e cercherei di capire i vari sbagli commessi in
questa seconda stagione, cercherei di essere un tantino più umile e cercherei
di scrivere una storia che abbia una strada dritta, precisa e delineata e non
una serie di molteplici incroci.
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