“E’ da manicomio!”. Queste sono le parole che, più e più volte, sono uscite dalla bocca di un mio carissimo amico durante la visione di questo film. Un film, un horror, l’horror dell’anno, probabilmente il miglior horror degli ultimi 10 anni. Eh no, non sto esagerando. In Babadook c’è tutto il cinema dell’orrore al suo massimo, usando i migliori trucchi del genere nella meno prevedibile delle storie.
La trama è
abbastanza semplice: Amelia è la madre
vedova del piccolo Samuel. Ha perso il marito in un incidente stradale proprio
mentre stava andando in ospedale per dare alla luce il piccolo. Amelia deve
fare i conti con la sua condizione di parziale emarginata anche in famiglia
(vittima della micidiale accoppiata vedova + lavoro umile), inoltre Samuel ha
seri problemi di relazione e manifesta a volte anche delle crisi epilettiche.
Un giorno mentre sono assieme a letto leggendo, incappano in un libro che
Samuel trova spaventoso, che narra dell’uomo nero, il Babadook. Da quel momento
in poi la loro vita non sarà più la stessa perché una strana presenza infesta
la casa e il limite tra sanità mentale e pazzia si fa sempre più labile.
La domanda
sorge spontanea: Come mai è il miglior horror dell’anno e probabilmente
dell’ultimo decennio? Semplice. Non è il classico horror sull’uomo nero, sullo
spauracchio nascosto nell’armadio o dietro la porta, ma qualcosa di molto
diverso, qualcosa di profondamente disturbante, angosciante e perturbante. Il Babadook
ti entra dentro proprio come dice un verso della filastrocca del libro:
“Il Babadook sotto la tua pelle crescerà”.A
proposito, per caso notate qualche
piccola citazione in questo verso? Non notate qualche piccolo omaggio a quel
magnifico film di Cronenberg “Il Demone sotto la Pelle”? Bene, sappiate che non
sarà l’unico.
La grandezza
di questo film, infatti, è dovuto anche dal fatto che vengono omaggiati e
citati grandissimi registi e film di genere senza però perdere il focus dell’originalità dell’opera
stessa. In questa pellicola vediamo Amelia guardare su una TV(molto retrò, come
molte altre cose in questo film) alcuni spezzoni di Melies o anche il segmento “La goccia d’acqua” de “I 3 volti della paura” del nostro caro Mario
Bava. Oltre a questi omaggi espliciti, la Kent dimostra anche la sua grande
passione per il Cinema di genere citando “Shining”
di Kubrick, “Repulsion” e “Rosemary’s Baby” di Polanski fino ad
usare quel sonoro in maniera così intelligente da ricordare tanto il Thriller Assordante che caratterizzava il
periodo d’oro di Dario Argento.
Jennifer
Kent, a proposito, una regista donna mentre noi tutti continuiamo a dire che
l’horror non è un genere per donne, non utilizza i soliti trucchi da Luna Park
per spaventare(zero jumpscare signori), ma costruisce un orrore molto stratificato
e complesso che incute nello spettatore un disagio. Un disagio che aumenta col
passare dei minuti, mostrandoci il mondo senza colore dei due protagonisti(sottolineato
da una stupenda fotografia desaturata e dai toni plumbei), fino a quando verso
metà film questo disagio diventa angoscia, pazzia, orrore puro trascinandoci
nell’oblio più buio e tetro.
Fondamentalmente,
i protagonisti sono due emarginati: Lei, vedova dal passato di scrittrice,
costretta a fare un lavoro umile, lui, un bimbo con seri problemi relazionali
assorto nel mondo della magia e dell’illusionismo. In questo contesto
tutt’altro che felice e pieno di contraddizioni tra madre e figlio(infatti,
anche se non lo ammetterebbe mai, Amelia vede il figlio come la causa della
morte del marito) ha presa facile la suggestione operata da un libro di fiabe
illustrato con protagonista questa oscura e minacciosa creatura con cilindro,
mantello e unghie alla Freddie Krueger. E’ reale? E’ frutto dell’immaginazione
del piccolo Samuel e della Madre Amelia? Come detto, pur citando molti film di
genere, la Kent riesce a rielaborare il tutto in qualcosa di nuovo e mai visto,
dando quel tocco di originalità che soprattutto negli horror moderni manca.
Babadook non è solo un horror o thriller
psicologico(altro genere che si avvicina molto) ma è una struggente storia su
una mancata elaborazione di un lutto e sul rapporto contrastato con un figlio a
cui si è sempre fatto festeggiare il compleanno in una data diversa da quella
vera, per non ricordare.
Altra parte
fondamentale di questo horror è l’intelaiatura visiva fatta da scenografie e da
inquadrature(molte a camera fissa) angoscianti, con un uso dell’illuminazione
semplicemente perfetto. La Kent ha una consapevolezza impressionante del mezzo
espressivo, creando un personaggio iconografico che nel giro di poco tempo
entrerà nell’olimpo dei personaggi horror.
I detrattori
di Babadook
diranno che non succede nulla ma non credetegli. L’adrenalina scorrerà a fiumi.
Il sangue no.
Un film come
questo potrebbe esser rovinato solo ed esclusivamente dal finale. Ma la Kent è
riuscita ad azzeccare anche questo. Il finale Perfetto. Metaforico. Magistrale.
Chapeau
Jennifer Kent! Hai alzato l’asticella dell’horror moderno.
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